13 febbraio 2023
By Paolo Chiariello
Difendere il pluralismo. Contrastare le fake news, malattia grave del nostro sistema informativo. Aiutare l’intera filiera del settore dell’editoria con misure di sostegno economico che contribuiscano allo sviluppo di una democrazia matura. Contribuire a sanare il precariato giornalistico con aiuti economici agli editori. Sono alcune delle linee guida che il sottosegretario all’Informazione e all’Editoria Alberto Barachini, giornalista e politico, intende attuare a Palazzo Chigi, dove è stato chiamato a una responsabilità molto difficile. Abbiamo affrontato questi temi, alcuni molto delicati, nel corso di una intervista a tutto campo.
In Italia durante la pandemia il sostegno al settore dell’editoria e dell’informazione è stato complesso e articolato. Si è trattato di aiutare aziende che vedevano diminuire o crollare i ricavi per mancati proventi e minori introiti pubblicitari. Gli interventi hanno riguardato l’intera filiera editoriale: dalle imprese editrici, alla catena della distribuzione fino ai rivenditori di giornali, ultimo anello della filiera. Come si procederà ora?
Il mio lavoro proseguirà su due binari. Il primo riguarda la garanzia di continuità, nell’anno 2023, di alcune misure che porteremo a compimento con l’attività amministrativa e gestionale. Mi riferisco al credito d’imposta per l’acquisto della carta e al credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari incrementali. Il secondo riguarda la digitalizzazione dell’informazione che va accompagnata da un chiaro messaggio di fondo: indietro non si torna. Certo, non si tratta di sostituire l’editoria tradizionale con quella digitale, perché la transizione richiede tempo e i ritorni economici sono diversi, ma lavoriamo in questa direzione con la convinzione che l’editoria digitale abbia ottime opportunità di sviluppo, a condizione che rispetti le stesse regole dell’editoria tradizionale. La verifica delle fonti, la veridicità delle informazioni e un serio controllo editoriale a monte tutelano la libertà di stampa, non la limitano. La crisi non si supera con una immaginaria corsa all’oro nel far west, ma con la piena apertura al progresso tecnologico e con la consapevolezza che i rischi legati ai nuovi processi debbano essere verificati con tempestività. In un’epoca così veloce serve avere una visione che anticipi gli effetti dell’innovazione.
Nello specifico sulla digitalizzazione cosa sta facendo il Dipartimento da lei guidato?
Il Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all’editoria, un ottimo lavoro iniziato dal mio predecessore, per il quale nel mese di dicembre abbiamo stabilito le modalità di accesso ai contributi, prevede diverse misure per la digitalizzazione del settore. Iniziando dall’ultimo anello della filiera, è previsto un contributo per le edicole che intraprendono la trasformazione digitale o che attivano servizi quali la consegna a domicilio e la fornitura agli esercizi commerciali limitrofi, fondamentali nell’era del delivery. È inoltre previsto un contributo per le imprese editoriali e per le agenzie di stampa che, nel 2022, hanno assunto a tempo indeterminato giovani giornalisti e professionisti fino a 35 anni in possesso di competenze nel campo della digitalizzazione editoriale e della sicurezza informatica. Infine vi è il contributo per gli investimenti in tecnologie innovative effettuati nell’ultimo anno da imprese editoriali di quotidiani e periodici e dalle agenzie di stampa, per il quale è stato predisposto un ulteriore schema di decreto che è stato inviato alla Commissione europea ai fini dell’acquisizione dell’autorizzazione in materia di aiuti di Stato. Voglio sottolineare che il governo è pronto ad aiutare chi è in difficoltà, ma deve esserci reciprocità. Sono infatti convinto che la luce in fondo al tunnel della crisi sistemica dell’editoria debba accendersi con una visione e una gestione della transizione digitale e con il recupero dell’autorevolezza, attraverso regole chiare e condivise.
Tra le direttrici di marcia principali del suo mandato, lei ha indicato anche la stabilità dell’occupazione. Su questi temi il Dipartimento di Palazzo Chigi cosa ha fatto nello specifico?
Il Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all’editoria, già citato, è entrato anche nel vivo del precariato giornalistico, stabilendo che alle imprese editoriali di quotidiani e periodici, nonché alle agenzie di stampa venga riconosciuto un contributo per la trasformazione di un contratto giornalistico a tempo determinato o di collaborazione coordinata e continuativa in un contratto a tempo indeterminato. Il precariato non aiuta il giornalismo, pregiudicandone giocoforza la qualità e l’autorevolezza. E, di fatto, non aiuta neppure a limitare quella disintermediazione straripante che crea disorientamento in chi ha il diritto di essere informato in modo serio e credibile. Proprio in questo momento stiamo seguendo la difficile situazione dell’agenzia Dire il cui editore ha ipotizzato un consistente piano di esuberi oggetto in questi giorni di una attenta riflessione da parte del Dipartimento, anche in considerazione delle risorse regolarmente corrisposte in base al contratto in essere.
La disintermediazione che i social hanno portato con sé è, quindi, un fatto tutto negativo?
Non si possono semplificare questioni complesse. Ci sono due facce della medaglia. La pseudo informazione sui social senza controllo e senza assunzione di responsabilità è certamente negativa e fa male a tutti. Considero, invece, un’opportunità l’interattività che i social network, e non solo, hanno permesso consentendo a chi si informa di potersi esprimere manifestando esigenze di ulteriore approfondimento su alcune questioni o chiedendo chiarimenti. Attenzione e interesse per l’informazione sono un valore, ma a questo bisogna corrispondere un’offerta professionale e adeguata.
Nel complesso di quante risorse dispone il Dipartimento da lei guidato per l’anno 2023?
C’è un Fondo ordinario, che è il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, al quale affluiscono tutte le risorse statali destinate alle diverse forme di sostegno all’editoria e non solo. Lo stanziamento del Fondo per l’anno 2023 di competenza del dipartimento Informazione ed editoria della Presidenza del Consiglio ammonta a circa 159 mln di euro. E poi c’è il Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all’editoria, nato con la legge di bilancio 2022, che dispone per il 2023 di 140 mln, rispetto ai 90 mln messi a disposizione nel 2022. La ripartizione delle risorse di questo Fondo è definita con un decreto a mia firma, che intendo adottare a breve. Sono certamente risorse ingenti, ma se si considera il drammatico calo del mercato editoriale e pubblicitario non sono certamente sufficienti da sole a invertire la tendenza del settore. Ritengo che al sostegno pubblico sia doveroso corrispondere un sostanziale contributo al pluralismo informativo e culturale e una capacità di innovazione che può consentire alle imprese editrici di svilupparsi all’interno del mercato.
Ha già valutato le misure che intende inserire nel decreto di ripartizione del Fondo straordinario per il 2023?
Sto incontrando tutti gli stakeholders, dagli editori ai sindacati di categoria, per confrontarmi con loro e presto sarò in grado di illustrare le misure da inserire nel decreto di ripartizione del Fondo straordinario dell’anno 2023, in modo che tutti i soggetti interessati siano portati tempestivamente a conoscenza dei contributi di cui possono usufruire. Io credo nel finanziamento pubblico al settore editoriale, perché si tratta di sostenere il diritto ad essere informati. Non c’è solo il diritto alla libertà di stampa salvaguardato dall’articolo 21 della nostra Costituzione, ma esiste anche il diritto dei cittadini, dal lato passivo, di essere informati che è stato ugualmente ricondotto dalla Corte Costituzionale sotto la tutela dell’articolo 21 della Costituzione. Tale diritto deve essere soddisfatto anche con interventi positivi ad opera dello Stato, perché una democrazia matura richiede un’opinione pubblica consapevole e quindi informata. Questo diritto è reale solo se l’informazione consolida le sue fondamenta ogni giorno attraverso la verifica delle fonti e il controllo editoriale nel senso di assunzione di responsabilità. È una questione su cui insisto, perché purtroppo non è più scontata. Da parte nostra, noi siamo pronti a incentivare anche le testate che hanno solo vita digitale, in maniera più incisiva che in passato, a patto che queste rispettino regole e norme in vigore per tutto il settore. Nell’ambito di questa strategia di sostegni, mi preme sottolineare che l’illusione del ‘tutto gratis’ sul web, come se l’informazione di qualità fosse a disposizione gratuitamente senza avere un controvalore economico, va abbandonata, cambiando mentalità.
Nel 2023 ci sono ancora contributi a favore delle scuole per l’acquisto di abbonamenti a quotidiani, periodici e riviste?
La legge 27 dicembre 2019, n.160 ha riconosciuto un contributo per l’acquisto di abbonamenti a quotidiani, periodici e riviste scientifiche e di settore, a favore delle istituzioni scolastiche. Non solo. La legge 160 ha anche previsto, a decorrere dall’anno scolastico 2020/2021, un contributo fruibile in formato voucher per l’acquisto di abbonamenti a quotidiani o periodici, anche in formato digitale. Occorre rilanciare queste misure eventualmente modificandole per facilitarne l’accesso e renderle più efficaci e aggiornate alle abitudini digitali degli studenti. I ragazzi hanno un ruolo attivo nella società. È studiando che fanno la loro parte e più sono consapevoli e informati, più possono contribuire con spirito critico alla vita delle Istituzioni.
Fake news e disinformazione: quali sono i progetti del Dipartimento per curare questa grave malattia dell’informazione?
Sul tema della disinformazione ho recentemente partecipato ad una riunione dei ministri dei Media del G7 organizzata dalla Presidenza tedesca. Una riunione nella quale ho potuto verificare intenti comuni agli Stati nel contrasto alle fake news. Ora sto continuando a portare avanti questa linea coordinando gli interventi nel settore, in stretta interlocuzione con la rete diplomatica. In Italia, nell’immediato, il mio Dipartimento è parte attiva nell’attuazione della Strategia nazionale di cybersicurezza per implementare un’azione di coordinamento, coerente con le iniziative adottate a livello europeo e in sinergia con i Paesi in linea con questi intenti, per prevenire e contrastare – anche attraverso campagne informative e momenti di analisi integrata – la disinformazione online, che mira a condizionare e influenzare i processi politici, economici e sociali.
Di recente ha detto a chiare lettere che le agenzie di stampa hanno bisogno di una riforma. Cosa deve cambiare?
Le attuali norme sono ferme dal 2017, quando lo scenario dell’informazione era diverso. Credo che l’incertezza legata a proroghe su proroghe non sia più consentita. È necessario cambiare l’approccio di fondo con una riforma di sistema. L’attuale situazione di difficoltà del sistema editoriale nel suo complesso e, in particolare, del sistema delle fonti primarie quali sono le agenzie di stampa, mostra con evidenza la necessità stringente di un intervento complessivo all’interno di uno scenario di regole e risorse stabili in un’ottica pluriennale, nell’ambito del quale siano garantiti i principi di rilevanza costituzionale relativi alla qualità e al pluralismo dell’informazione e al tempo stesso le giuste tutele per i lavoratori. Nel cosiddetto decreto milleproroghe abbiamo già introdotto le linee della riforma che riguardano i criteri alla base dei contratti di fornitura tra le agenzie di stampa e la Presidenza del Consiglio per l’acquisizione dei servizi di informazione primaria. Linee che saranno disegnate a partire dall’esito dell’istruttoria tecnica che verrà svolta dal Comitato, istituito dall’articolo 17 del decreto milleproroghe. Serve un nuovo corso che, proprio a partire dall’informazione primaria, assicuri la pienezza del pluralismo e la credibilità dell’informazione, soprattutto in tempi segnati dalla pandemia e dalla guerra che hanno amplificato il bisogno dei cittadini di essere informati con serietà assoluta.
Il dipartimento che lei guida si occupa anche delle campagne di comunicazione istituzionale. Perché ha scelto di partire dagli incidenti stradali?
Perché si tratta di una situazione grave, allarmante. Alcuni drammatici casi di cronaca hanno riportato l’attenzione sul fatto che gli incidenti stradali rappresentano la prima causa di morte per i giovani dai 15 ai 24 anni e sono più di 6.500 quelli causati ogni anno da alcol e droghe. Da qui nasce la priorità e la decisione di realizzare la campagna di comunicazione, ‘Non farlo’, in collaborazione con il dipartimento Antidroga e il ministero dell’Interno. Una campagna volta a sensibilizzare i giovani sul tema della guida sotto l’effetto di alcol e droghe. Tema su cui il Presidente della Repubblica, che ringrazio pubblicamente, ha inviato un forte appello ai giovani nel messaggio di fine anno. Le priorità emergono dalla società, dai suoi bisogni. A questo servono le campagne istituzionali. Se il 90% di tutti gli incidenti stradali potrebbe essere evitato adottando comportamenti prudenti prima di mettersi al volante, il Governo deve farsene carico, diffondendo con forza e continuità un monito, rappresentato bene dallo slogan ‘Non farlo’. Con questo intento lo spot è stato diffuso non solo sulle reti Rai e sulle radio locali, ma anche sul web e sui social media. Realizzare campagne di comunicazione istituzionale è un impegno che assolvo con grande senso di responsabilità, perché la creatività e lo studio del messaggio sono al servizio del bene collettivo e tracciano un percorso di coerenza tra le diverse amministrazioni dello Stato nell’ambito del piano di comunicazione integrata che intende rafforzare la fiducia dei cittadini nelle Istituzioni.
Intervista , Barachini , Fortune Italia